giovedì 26 aprile 2012

Alcune pagine - Prigionieri italiani Grande Guerra - Prima guerra mondiale/ Prigionieri di guerra italiani (Grande Guerra-Prima Guerra Mondiale) / Libro sui prigionieri della prima guerra mondiale - Dopo Caporetto


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I PRIGIONIERI ITALIANI DOPO CAPORETTO
Alcune pagine

IV di copertina

Elenco dei campi - una pagina

campo di prigionia in Cecoslovacchia, prima guerra mondiale - grande guerra
Milowitz's List: una pagina della lista dei prigionieri italiani morti a Milowitz (Milovice)
proveniente dall'Archivio storico del Distretto Militare di Padova.
(Segnalazione di Giuseppe Carbini ad Alberto Burato)

Carta dei campi (cm. 50 x 32)
Pag. 46
Dopo la sosta per la notte a Udine, nella città devastata dai saccheggi, il giorno successivo riprende il cammino.
 
«Alle ore 10 venne l’ordine di partire. — A piedi per Cividale, poi si proseguirà per Caporetto, Tolmino, S. Lucia. —
Tutti fummo presi da uno sconforto tale che il sentimento di ribellione ci sconvolse. Ma ribellione contro chi? Automi eravamo diventati, nient’altro che automi (…) .
Partimmo con poche sentinelle, imbucando l’ampia strada per Cividale (…) . Nei dintorni della città incontrammo due morti: soldati nostri di fanteria (…) . Più avanti, lungo il fosso laterale della strada altri due soldati nostri sdraiati, immobili. Sembravano morti ed erano invece ubriachi fradici. Non davano segni di vita. Due sentinelle tedesche si avvicinarono per farli alzare; non si mossero nemmeno alle spinte ed allora cominciarono a percuoterli con il calcio del fucile» 7.
 
14 novembre 1917, Longarone. Il racconto del capitano medico Michele Daniele.
 
«E’ l’alba di un altro giorno triste. Visito la città. Sembra sia stata messa a ferro ed a fuoco.
Case con porte sconquassate, finestre con vetri a pezzi, magazzini e botteghe saccheggiati (…) prigionieri italiani in cerca di alimenti; soldati austriaci avvinazzati, intenti a trascinare mucche e maiali sgozzati (…).
I nostri, a frotte, vagano per ogni dove in cerca di cibi; girano, rigirano, entrano in ogni luogo, in ogni vano (…) . Gironzano per gli orti in cerca di radici, di erbaggi, di frutta cadute, di patate non ancora disotterrate, e scavano, scavano fino a che riescono a procurarsi qualche alimento! Si fermano nei cantoni, nei cortili, nei giardini, bivaccano in capannelli; accendono fuochi e improvvisano cucine (…) . Molti sono taciturni e tristi, ma altri se la prendono in santa pace e ridono con gli austriaci, i quali menano presso a poco la stessa vita, con la differenza che essi di viveri ne hanno, perché li hanno requisiti con la forza, e sono quindi meno parchi, specie nell’impastare farine e friggere frittelle in una nuova sorta di padelle: catini smaltati!
E’ un quadro speciale, bizzarro, fantastico, mai supposto, mai immaginato, mai visto! (…) » 8.
 
 
 
 
 
7       Tacconi, pp. 64-76.
8       Daniele, pp. 30-31

Pagina 108
Pag. 108
“Fame continua … fame, orrenda fame”
 
Fra i molti aspetti della vita all'interno dei campi  di concentramento ci limitiamo ad approfondire quello della fame, sempre con l’aiuto delle memorie e dei diari di chi visse in prima persona l’esperienza.
 
«I medici raccontano che dopo Caporetto gli italiani morivano come le mosche, per denutrizione. Dalle autopsie praticate trovarono che tutto il grasso era scomparso dalle fibre muscolari e dal corpo. Il cuore era rattrappito come un pezzo di cuoio (…)» 10.
 
La fame, che era stata una compagna immancabile già nel viaggio verso la prigionia sia per i soldati sia per gli ufficiali, nel lager diventa la causa primaria di morte, diretta o indiretta. Ma questa volta solo, o quasi, per i soldati. Le cause di morte dei circa 550 ufficiali periti in prigionia furono in genere le conseguenze delle ferite riportate prima della cattura o complicazioni polmonari.
Riguardo ai soldati la CIV, ad onor del vero, parla di oltre il 50% di deceduti in prigionia a causa della tubercolosi 11. Ma se si pensa che i prigionieri erano tutti uomini giovani, è difficile non identificare in questa tubercolosi di massa il processo finale di mesi e mesi di stenti, aggiunti al clima rigido dell'Europa centro settentrionale affrontato senza la più elementare protezione. La parola “fame” «non doveva essere pronunciata nel Campo; si diceva che le morti avvenivano per esaurimento, ma guai a chi avesse detto che avvenivano per fame» 12. E anche nella registrazione delle cause di morte, come vedremo a Milowitz, il vocabolo veniva pudicamente escluso: si preferiva usare il termine ödem, edema.  Oppure i responsabili dei campi parlavano di un'altra malattia  che «hanno voluto astutamente nascondere in un termine nuovo “Gefangenenpsychosis” che potrebbe essere tradotto in italiano con la parola “Prigionite”, o meglio ancora — per esprimersi chiaramente — “Malattia della fame”» 13
 
                 
 
10            Procacci, p. 217.
11            CIV, (Commissione d'Inchiesta sulle Violazioni del diritto delle genti) p. 26.
12            Preliminari, p. 133.
13                         Masucci (…), p. 27.

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