martedì 30 dicembre 2014

venerdì 26 dicembre 2014

Il clero friulano e veneto durante l'invasione austro-tedesca del 1917 - (Ultimo anno della Grande Guerra/Prima guerra mondiale)

Ritirata di Caporetto, 1917
Dal libro IN FUGA DAI TEDESCHI

Il parroco di Fontane di Villorba al vescovo di Treviso 
[Mons. Andrea Giacinto Longhin] 


Fontane 13 Nov. 1917
Eccell. R.ma
     Con il cuore straziato La annunzio che la chiesa nuova fù requisita ad uso magazzino, che sarà d'essa...
     Sono quì con la mia povera sorella ripiena non di paura ma di terrore, giacché anche a Fontane si svolgerà il combattimento, già tutto è in pronto.
     I registri dell'Archivio ed ogni altra cosa della chiesa è tutto esposto alla rapina degli invasori (…) .
(Archivio Curia TV, b. 51, fasc. Fontane)


Ritirata di Caporetto, 1917
Inizio del capitolo dedicato al comportamento del clero
friulano e veneto nei giorni della ritirata di Caporetto e della
invasione austro-tedesca. (In fuga dai Tedeschi, pp. 138.39)
Arrivano gli invasori (Pag. 139)


«Dicono fenomeno inesplicabile: ma è castigo di Dio: torna in campo sotto altra forma l’angelo sterminatore (...)» 1.
Con questa citazione biblica il 30 ottobre 1917 mons. [Luigi] Pellizzo, friulano di Faedis e vescovo di Padova, descriveva in una lettera al papa il ciclone che da qualche giorno stava flagellando la sua terra e che stava per abbattersi sul resto del Friuli e del Veneto 2.
Mentre le autorità militari cercavano di salvare il salvabile e quelle politiche nazionali, superata la crisi di governo 3, faticavano a prendere coscienza della situazione, Pellizzo aveva ben chiaro cosa stesse succedendo, grazie alla capillare rete di parroci della sua vasta diocesi4, ai buoni rapporti con le alte sfere militari, alla sua provenienza geografica. Il quadro che ne traeva era a tinte fosche: gli italiani — in piena crisi — non si sarebbero fermati che sul Po (forse...), Brescia e Milano erano in pericolo 5.
“È il soffio della divina vendetta 6” per il comportamento dell’esercito italiano in genere e per quello degli ufficiali in particolare, che “converrebbe avessero meno mense, meno donne, meno odio ed avversione al prete”7.
La causa del disastro, dunque, per il vescovo patavino (e per il clero in genere) era chiara.
Ma come comportarsi, con gli invasori alle porte? Partire o restare?

Parola d'ordine: restare.

Tanto la classe politica locale, nel suo complesso, si volatilizzò, tanto il clero — pur con singoli casi di abbandono della propria sede, primo fra tutti il vescovo di Udine, [Antonio Anastasio] Rossi — restò fedele alla direttiva che dal Vaticano giungeva alla base; tremenda nella sua semplicità: rimanere al proprio posto. “... È volere dell’augusto pontefice che, anche nel caso di una invasione, tutti gli ecclesiastici, vescovi e sacerdoti, rimangano al loro posto, per compiere con la dovuta abnegazione il proprio dovere ed infondere agli altri la calma tanto necessaria in sì dolorose circostanze” 8.
Restare al proprio posto, assieme ai parrocchiani; perché se loro fossero stati costretti dagli eventi ad abbandonare il paese, anche il clero avrebbe dovuto seguirli nella “dura sorte”.
Parola d’ordine, peraltro, fatta propria dalla chiesa cattolica fin dall'inizio del conflitto. “È dovere di ogni sacerdote stare sempre accanto ai propri fedeli”, scriveva nel 1915 al clero il vescovo di Gorizia, [Francesco Borgia] Sedej, nell'imminenza dell’attacco italiano 9. [...]

segue

mercoledì 24 dicembre 2014

Trasporto fluviale, navigazione interna. 1969: in viaggio sul Sile con la "Carovana dei Barcari"

Cronaca di due viaggi in barcone sul Sile. Il primo risale al 1969, quando  ero un aspirante giornalista.
Mai avrei pensato in quell'occasione che, quasi vent'anni più tardi durante la preparazione del libro sul Sile, avrei ripercorso la via d'acqua fra Treviso e Venezia su un burcio per trasporto merci assieme all'ultimo barcaro ancora in attività. 


Trasporto fluviale, navigazione interna:
1969, barcari del Sile.
Articolo di Camillo Pavan


La ricalibratura del Sile farà sparire 
le tradizionali carovane dei «barcari» 

Vanno a poco più di 10 chilometri all’ora, in un’epoca caratterizzata dal mito della velocità. Sono riuniti in «carovana», un nome strano che fa pensare quasi ad una confraternita segreta. Sono in pochi, una trentina: i «barcari del Sile». A Casale sul Sile vivono le famiglie di più antica tradizione: gli Sponchia, gli Stefanato, i Continetto che da secoli si tramandano il mestiere di padre in figlio. A Casale c’è anche la sede della loro «carovana» coordinata da G. Carlo Sponchia, giovane 22enne entusiasta del proprio lavoro il quale ci spiega le difficoltà di vincere la concorrenza dei grossi armatori veneziani e come ora siano riusciti ad assicurarsi i trasporti per conto del mangimificio del consorzio agrario di Casale e delle numerose fornaci della zona, tutte prospicienti il Sile.
Siamo saliti su uno dei loro barconi: quello di Antonio Sponchia, il padre di Giancarlo. Assieme a Sponchia a bordo delle loro barche, partono anche Giovanni Continetto e Giovanni Rosso. Giovanni Continetto, 58 anni, lavora sul Sile da quando ne aveva 11 ed è stato fino a sei mesi fa il presidente della carovana. Giovanni Rosso è il più giovane, ma anche lui ha iniziato a lavorare nelle barche fin da bambino.  A differenza di Continetto non proviene però da una famiglia di barcari. Prima di partire Rosso ci fa presente la necessità di aumentare i prezzi del trasporto: «Ormai è aumentato il costo di ogni merce, afferma, ma noi continuiamo a trasportare materiale allo stesso prezzo di 10 anni fa». Poi scende in cabina per avviare il motore. È mezzogiorno, è l’ora del «via». La navigazione sul Sile fino a Portegrandi è infatti regolata da un preciso orario, si può scendere verso il mare solo dalle 4 alle 8 e dalle 12 alle 16: le altre ore sono riservate alla risalita. E il motivo è facilmente intuibile dato l’alto numero di curve e la modesta larghezza del Sile.     
Saliamo sul Giancaro S. Antonio Sponchia, il proprietario, ha 51 anni ed un fisico ancora vigoroso, asciutto, da atleta. È l’ultimo di una famiglia dalle secolari tradizioni di barcari. Quand’era giovane lavorava assieme ad altri 8 fratelli e ad una decina di cugini. Poi venne la guerra e gli anni che la seguirono furono anni di fame. Lavoro non ce n’era. Le barche rimanevano ferme per mesi. In pochi resistettero. La maggior parte se ne andò all’estero o a Marghera in cerca di un po’ di pane. Lui rimase, e superata la crisi, si comprò un barcone proprio, non molto grande. 65 tonnellate, ma sufficiente a tirare avanti la famiglia.  In viaggio assieme ad Antonio Sponchia c’è uno dei suoi figli, Rino: è il più piccolo, ma già tiene il timone con la sicurezza di un adulto. È in vacanza: altri suoi amici sono al mare o in montagna, lui guida una barca da 650 quintali, a 11 anni.
Il primo paese che incontriamo è Quarto d’Altino. Proseguiamo costeggiando la strada per Jesolo. Corriamo a 10-12 chilometri all’ora. «È una velocità discreta, dice Antonio Sponchia, in quattro ore saremo a Porto Marghera. Una volta non ci impiegavamo mai meno di un giorno. Ovviamente non c’era ancora il motore. Le barche venivano trainate da diverse paia di buoi fino a Casale e poi da cavalli fino a Portegrandi. Giunti in laguna si doveva iniziare la navigazione con le vele. Non sempre c’era il vento sufficiente. A volte c’era la nebbia: allora ci si fermava, anche per una settimana, in attesa di una schiarita». 
Intanto sulla statale le auto sfrecciano veloci, sorpassano, hanno fretta di godere fino all’ultimo momento le proprie vacanze. Sul Sile invece non c’è fretta. Anche il paesaggio invita alla calma, con i suoi canneti, i pioppi, le acque che scorrono lente, susseguirsi di curve sinuose. Solo il ronzio soffocato del motore della barca ci ricorda che siamo nell’era delle macchine. Per il resto alla vista del convoglio di barche che scorre lentamente, si ha l’illusione di vivere in un’epoca lontana. «Qui nessuno viene a darci ordini, non c’è da timbrare il “cartellino”. Dobbiamo fare il viaggio e basta. Per questo sono contento del mio mestiere. Per questo mi piacerebbe lasciare la barca a mio figlio». All’una e mezza siamo alle chiuse di Portegrandi. Ci vuole quasi mezz’ora perché passino le barche. In effetti l’impianto di Portegrandi è decisamente superato con le sue saracinesche da aprire a mano.
Approfittiamo della sosta per fare conoscenza con Vittorio Stefanato, «il gigante del Sile» che è in attesa del suo turno di passaggio. Sessant’anni, kg. 120 di peso Vittorio Stefanato è l’ultimo capo di una famiglia interamente composta da barcari. I suoi tre figli Bruno, Renzo e Leo (tutti pezzi da 90, è il caso di dirlo, data la loro complessione fisica gigantesca) lavorano infatti assieme al padre. Come ai vecchi tempi, prima che il miraggio della città rubasse al Sile tutti i suoi giovani. Stefanato impreca contro le grosse motobarche degli armatori veneziani. Fanno concorrenza alle sue barche di piccolo cabotaggio, dice.
Attraversata la fertile terra di bonifica che si trova alle spalle di Portegrandi, si giunge in laguna. Si passa in mezzo a sandoli di pescatori; si costeggia Torcello, Burano e Murano. All’orizzonte emergono dalla foschia Venezia e i suoi campanili. I turisti che affollano i motoscafi ci guardano curiosi, scattano fotografie: anche i barconi fanno parte del paesaggio lagunare. Ben presto però abbandoniamo la rotta per Venezia. Imbocchiamo il canale di San Giuliano. Qui l’acqua è già nera: la inquinazione è il biglietto da visita di Marghera. Si entra nel canale dei petroli navigando su un liquido giallastro che una volta era acqua ed ora è un misto di nafta, olii, acidi e rifiuti di vario genere. Si ritorna alla realtà; nella civiltà industriale non c’è posto per il sentimento. I campanili di Venezia sono sostituiti dalle ciminiere degli stabilimenti. La foschia della laguna cede il posto ai gas di scarico. I barcari non sono più i padroni del Sile. Le loro barche scivolano tra rimorchiatori e motonavi. Ormeggiano al molo B di fianco allo scafo di una gigantesca nave russa. Il ritorno verrà fatto l’indomani. I barcari usciranno dal porto furtivamente, come vi sono entrati. Sono gli ultimi rappresentanti di un’epoca che non conosceva orari di navigazione o turni di lavoro. Fra poco ci sarà la «ricalibratura» del Sile. Tutti ne parlano e sarà senz’altro utile all’economia della zona. Ma per le loro piccole barche non ci sarà più posto.
Camillo Pavan
Il Gazzettino, edizione di Treviso, 21 agosto 1969

domenica 21 dicembre 2014

Trasporto fluviale, navigazione interna. Sul fiume Sile, 1987: in viaggio con l'ultimo barcaro


Trasporto fluviale, navigazione fluviale - interna.
L'ultimo viaggio sul Sile del barcaro Giovanni Ranzato
con il barcone TINO - una comacina - carico di legname,
dal porto fluviale di Silea diretto a Venezia 

Venerdì 23 gennaio 1987 è una giornata limpida. Un tiepido sole quasi primaverile riscalda l’aria, anche se sprazzi di neve colorano di bianco le rive del fiume ricordando che l’inverno è ancora in agguato. Per il barcaro Binbo Venessian la brutta stagione è ormai terminata. Dopo circa un mese e mezzo di inattività oggi finalmente ritorna a navigare con la sua comacina carica di settecento quintali di legname. Destinazione Venezia: il più classico dei percorsi di un barcone del Sile. 
Presso la segheria-deposito di legname adiacente al porto di Silea, in mattinata Binbo ha completato le operazioni di stivaggio iniziate già la sera precedente. Duecento ottanta quintali di legno di pero sono stati sistemati per primi nel ventre della barca. Sopra di essi sono stati posti assi e grosse tavole di rovere di varia dimensione. Una cinquantina di pali di acacia lunghi dai dodici ai quindici metri coprono la catasta che s’innalza per oltre due metri sopra coperta, tenuta ferma da quattro robusti tronchi, pure di acacia, fissati saldamente a ciascuno dei due lati della stiva.

Trasporto fluviale, navigazione fluviale - interna.
In attesa della partenza dal porto di Silea. Da sinistra:
Giovanni Ranzato (Binbo Venessian) - l'ultimo barcaro 
a navigare sul Sile con un barcone da trasporto merci tradizionale - 
l’aiutante Bruno Pin (Bachìn) e Camillo Pavan.
In alto a destra, alcuni burci nel cimitero dei barconi.

Aspettando il turno di discesa (sul Sile si può navigare quattro ore in un verso e quattro ore nell’altro, la Tino è ormeggiata alla banchina di Silea. E’ l’unica imbarcazione presente nel molo, e i suoi vivaci colori si specchiano sull’acqua immobile del fiume insieme con la gigantesca sagoma dei silos di cereali della ditta Pagnan.
Quando la campana della chiesa di Silea suona mezzogiorno, come ad un segnale da lungo atteso, Binbo mette in moto il Fiat 52 cv del suo barcone.  Lentamente la Tino si stacca dalla banchina ed inizia a navigare.
Dopo poche decine di metri passa davanti alla vecchia osteria dei barcari “da Nèa”, dove un gruppetto di avventori e lo stesso proprietario Anselmo Nèa Caldato, si affacciano per assistere al suo passaggio. Lo scambio di battute fra spettatori e barcaro è rapido e pungente. Per un attimo sembra di essere tornati ai tempi in cui più intensa ferveva la navigazione e nei pressi dei porti del fiume la vita pulsava frenetica.
L’illusione dura poco, il tempo di lasciarci alle spalle l’osteria. La Tino prosegue in perfetta solitudine la sua corsa, lenta e maestosa, al centro del fiume, illuminata dal sole. Dietro a lei, come un cagnolino al guinzaglio, il piccolo battello di soccorso.
Binbo è nel suo ambiente. I suoi gesti sono decisi ma rilassati, e pur con l’occhio sempre vigile a controllare la rotta, può ora permettersi di pensare ad un rapido spuntino. Tira fuori da una borsa sotto la cabina di guida due pezzi di pane e formaggio. Uno è per lui ed uno per il suo accompagnatore Bruno Pin detto Bachin, un ex fornaciaio di Lughignano. Consuma con calma, gustandolo appieno, il frugale pranzo. Questa a xe vita, commenta col volto che sprizza felicità.
In mezzo al fiume, al comando della sua barca, Binbo si sente il vero re del Sile.


Navigazione fluviale - interna: burcio (barcone trasporto merci) in navigazione sul Sile, 1987
Il barcaro Giovanni Ranzato al timone della sua Tino,
in navigazione sul Sile con un carico di legname,
poco dopo la partenza dal porto di Silea.

venerdì 19 dicembre 2014

Raici, 1992 - Breve giudizio del prof. Gaetano Cozzi, Università di Venezia



1992. Lettera del prof. Gaetano Cozzi



                                                                                                                 Zero Branco, 13.XII.’92

Egregio dottor Pavan, ho ricevuto il volume Raici che lei ha avuto la cortesia di inviarmi. Mi ha fatto molto piacere: perché è un bel libro, molto interessante, molto agile nel suo articolarsi, e scritto bene, con prosa che rende agevole e gustoso il leggere. E mi consenta di dirle con commozione le righe introduttive con cui dedica il libro a suo papà.
Ringraziandola vivamente e congratulandomi le invio saluti ed auguri cordialissimi
Suo
                 Gaetano Cozzi





mercoledì 17 dicembre 2014

Scambio di lettere con Sandro Zanotto


Il poeta e scrittore Sandro Zanotto (1932 - 1996) recensì molto positivamente il volume Sile: alla scoperta del fiume  nel numero di giugno 1989 della rivista Cronache Trevigiane.
In precedenza mi aveva scritto una lettera oserei dire entusiastica sul mio lavoro, nella quale non mancava però di segnalarmi con garbo la presenza di sviste e soprattutto il suo dissenso nei confronti della grafia usata per scrivere i testi in veneto.
Riporto lo scambio di lettere, che terminavano con reciproca promessa di incontrarci una sera per discutere sulle questioni sollevate. Promessa da me non mantenuta, tutto preso com'ero dagli impegni di vendita diretta del libro.
Le lettere mi sono capitate sotto mano in questi giorni, in uno dei periodici tentativi di mettere ordine fra le vecchie carte. Ne avevo un vago ricordo, ma non mi era rimasto impresso che contenessero anche delle acute osservazioni sul dialetto in generale e sull'etimologia di un termine marinaro che avevo usato.
Osservazioni che stanno a dimostrare la sua profonda e non ostentata cultura. 
Ho voluto approfondire meglio la conoscenza di Zanotto, che avevo incontrato di persona una sola volta nel 1988 in barca con Glauco Stefanato, (e del quale confesso di non aver letto - ancora - nulla). Ho trovato in rete due autori che ne parlano e a cui rimando: 
- La studiosa e scrittrice padovana residente in Canada Elettra Bedon che lo inserisce nel suo corposo saggio Il filo d'Arianna (capitolo 9), riprendendo e ampliando l'analisi dopo la morte del poeta in L'angelo sulla terrazza. Excursus sulla poesia in dialetto veneto di S. Zanotto.   
- Il pittore rodigino Luciano Scarpante sul n. 47 della rivista Ventaglio.
Entrambi gli autori mettono in risalto lo spessore della personalità artistica di Sandro Zanotto.
Per Bedon, «Zanotto - saggista, romanziere, critico d’arte, oltre che poeta - [...] ha ripreso il veneto come Mistral a suo tempo aveva ripreso il provenzale [...], come - per usare una sua espressione - gli umanisti avevano ripreso il latino».
Scarpante ricorda come «La critica lo ha definito in vari modi: poeta, narratore, critico d’arte, saggista, studioso di tradizioni locali e della cultura popolare veneta. Egli preferiva essere considerato solo un uomo curioso di tutto [...]».


Glauco Stefanato (a sinistra) e Sandro Zanotto
(Foto di Camillo Pavan - 12 aprile 1988)



1989lettera manoscritta di Sandro Zanotto 

                                                                                    Treviso 2.5.89
Caro Pavan,
                   scusa se con tanto ritardo ti ringrazio del tuo “Sile”, che ho letto in questi giorni.
Ti ringrazio così con maggior entusiasmo, perché è un libro bellissimo, che emerge di gran lunga sopra i molti (anche buoni) che si sono pubblicati in questo periodo. È la prima monografia completa, informatissima, esauriente, realizzata “de visu”, del fiume di Treviso. Ora i trevigiani non possono più addurre scuse nel piangere l’agonia del loro fiume che essi stessi abbandonano e manomettono.
Un libro meraviglioso, la cui realizzazione è un titolo di merito di cui puoi giustamente andar fiero.
Qualche piccola svista (che se vuoi ti segnalerò per una prossima edizione) non incide in un’opera di questa mole. Solo un neo non ti perdono, quello di aver scritto il veneto con grafia all'italiana, tanto che diventa illeggibile per chi conosca Goldoni!
Seguendo la pronuncia italiana dovremmo, allo stesso modo, per il francese scrivere Bordò e Parì, anziché Bordeaux e Paris.
Perdonami questo rilievo formale di un patito del veneto, che non intacca minimamente la vera grande sostanza del libro, di cui cercherò di scrivere facendogli la propaganda che merita.
Grazie ancora e un abbraccio.
                                                                                                                Sandro Zanotto

P. S. Mi è molto spiaciuto […] non essere venuto alla presentazione “fluviale” del tuo libro, ma purtroppo ero bloccato a terra.



Copia della risposta di Camillo Pavan (7.5.1989)
















                                      

                                                                Treviso, 7 maggio 1989

Caro Zanotto,
ti ringrazio per la bellissima lettera, che mi è giunta del tutto inattesa e di cui peraltro cercherò di fare buon uso. A meno che tu non me lo proibisca, ho infatti intenzione di riprodurla e metterla nell'espositore (con i manifesti e l'altro materiale pubblicitario) con cui giro per le sagre e le feste lungo il Sile a vendere il libro e con cui mi piazzerò anche in Calmaggiore al sabato e alla domenica, non appena mi giungerà il permesso.    
Le "sviste". Ogni volta che apro il libro ne trovo qualcuna anch'io e ti dirò francamente che, più che sviste, mi sembrano errori (od orrori). Le sto segnando, in attesa di una ristampa che, secondo i miei calcoli, dovrebbe avvenire all'inizio del 1991. Comunque, senza attendere giorni tanto lontani, sarò ben lieto di rubarti fin d'ora un po' di tempo per correggere gli errori di cui ti sei accorto.    
A parziale giustificazione di queste "sviste" voglio comunque ricordare che, dei due anni e quattro mesi impiegati nella realizzazione del libro, solo il periodo dal 27 maggio 1988 al 15 febbraio 1989 è stato dedicato alla sua stesura, comprensiva di contemporanea preimpaginazione e del costante controllo dei dati e delle fonti orali ed archivistiche. Purtroppo l'unica redazione che avevo alle spalle era mia moglie che, dopo le ore di scuola, il doppio lavoro di casalinga, ecc. si è sobbarcata anche l'onere della correzione. Malgrado il mio impegno ad essere il meno possibile un dilettante,  è naturale che siano sfuggiti degli errori. Il che tuttavia non significa che non sia giusto evidenziarli e doveroso correggerli.    
Il problema della lingua. Sacrosanta la tua obiezione. Perché non ho seguito i classici veneti? Perché a quanto ho capito, e sono tutt'altro che un dialettologo, c'è molto fermento e molta confusione in materia.        
Ho voluto seguire Ulderico Bernardi e il suo "Abecedario dei villani", un'opera fondamentale per la mia educazione di ricercatore autodidatta. (Bernardi usò quella che tu chiami "grafia all'italiana" su consiglio e consulenza di Manlio Cortellazzo, un'autorità in materia).        
Ti confesso che a veder scritto « 'sé» al posto di «xe» mi ha sempre lasciato molto perplesso, ma, poiché i maestri che avevo davanti usavano questa forma, mi sono (a malincuore) adeguato. Ora, tu insorgi citando Goldoni. Non mi resta che:
1) Leggere finalmente Goldoni di cui, non ci crederai, ho solo vaghe reminiscenze scolastiche.
2) Aprire un breve dibattito-riflessione sull'argomento, in apertura del libro (nella prossima edizione), riportando il tuo intervento affiancato a quello che solleciterò al prof. Cortellazzo o a qualche altro esperto. In base ai risultati che emergeranno da questa discussione deciderò che strada seguire, anche nei successivi lavori. Non ho certo nessun partito da difendere se non quello di farmi capire dal lettore.       
Per concludere. Nella tua lettera non ti sei limitato a buttare giù le solite quattro righe, tanto per farmi contento, ma hai saputo unire alle lodi alcune critiche, di cui è chiaro il carattere costruttivo, e che stanno a dimostrare il tuo interesse per il mio lavoro.          
E di questo ti sono particolarmente grato; anche perché l'apprezzamento viene da una persona che ha sempre amato i fiumi, la loro storia e la loro vita.      
                                         
Con riconoscenza, ti saluto.                                     
                                          Camillo Pavan   

       
P.S. Quando accennavo di rubarti un po' di tempo per correggere gli svarioni più grossi, non si trattava di un modo di dire…



Altra lettera di Sandro Zanotto a Pavan



                                                   
                                     Treviso 10.5.89

Caro Pavan,
                   puoi senz’altro fare della mia lettera l’uso che vuoi, se credi che possa servire al tuo libro.
Mi piacerebbe che mi telefonassi (…) per vederci una sera per parlare di qualche svista (non errori) da rivedere, oltre che della grafia del veneto.
A questo proposito ho anch’io la massima stima di Bernardi e Cortellazzo, però ricordo sempre un discorso che Manlio Dazzi mi fece ai miei esordi, quando mi ponevo il tuo stesso problema. Forse mi parlò da comunista militante, oltre che da intellettuale, quando mi spiegò come per scrivere il veneto secondo la pronuncia bisognerebbe usare segni tipografici particolari, anziché quelli italiani: oltre al k , occorrerebbe un segno indicante la l mouillée (non usare la e, che è grafia italiana), segni dell’alfabeto slavo per i vari tipi di s, ecc. Resterebbe in sospeso il ch che in italiano ha suono duro, mentre in veneto è dolce, come in inglese.
Quando però si fosse fatto questo, ricalcando la grafia sulla pronuncia, andrebbe perso l’etimo, che è la storia della lingua: come tu ben sai, nelle civiltà contadine la  storia delle parole è spesso l’unica storia esistente.
Una prova di questo sta nel termine con cui definisci il mozzo nell’equipaggio delle barche. Tu scrivi moré, seguendo la pronuncia con grafia italiana, È giusto e tutti ti capiscono, ma è solo un nome. Se tu l’avessi scritto morét, salvavi anche la storia, cioè la sua derivazione dal moreto veneziano, il servitorello di casa, diminutivo di moro, che indica il lavoratore adulto, bruciato dal sole, termine divenuto anche appellativo cameratesco.
Mi dirai forse che faccio del populismo sottilizzando su una questione solo grafica e che tu invece hai bisogno di farti capire dagli alfabetizzati in italiano. È giusto forse, però nella tua difesa a oltranza di un fiume civilissimo, vorrei vedere difesa anche la lingua dei rivieraschi, anche se l’hanno dimenticata.
Scusami il rilievo.
Mi piacerebbe proprio passare una sera con te a chiacchierare.
Arrivederci e ancora congratulazioni
                                                                                            Sandro Zanotto

martedì 16 dicembre 2014

Raici, 1992 - Giudizio del professor Gigi Corazzol, Università di Venezia


1992. Lettera del prof. Gigi Corazzol


                                                                                                                       Mestre  16. XII.1992

Caro Pavan

grazie per avermi voluto inviare il suo bel libro. L'ho ricevuto ieri. Ne ho letto buona parte. È interessante, vivace e serio al tempo stesso, qualità rara.
Tra l’altro a proposito dell’articolo di [Giuseppe] Mazzotti sulle Vie d’Italia m’è venuto in mente il povero [Giovanni] Comisso licenziato dal Corriere anche perché riciclava suoi pezzi vecchi. Almeno Comisso riciclava del suo, cosa che come lei nota con molto garbo non si può dire di Mazzotti. Mi ha anche colpito la misura con cui ha trattato la dedicasenz'altro commovente. Mi fermo qui, facendo torto alla sostanza del libro; ma per quella lei non ha certo bisogno di conferme, sa tutto quel che c'è da sapere. Cordiali saluti e auguri per le feste
                                                                                                                               Gigi Corazzol

giovedì 11 dicembre 2014

20 aprile 1989 a bordo del SILIS dei fratelli Stefanato-Navigazione Fluviale. Presentazione del libro Sile

Porto di Casale sul Sile: Glauco Stefanato accoglie gli invitati
alla presentazione del libro SILE: alla scoperta del fiume.

Gli storici Giampaolo Cagnin e Mauro Pitteri in attesa dell'imbarco
sulla motonave Silis (Navigazione Stefanato) al porto di Fiera sul Sile - 20 aprile 1989.

Oltre a tutti i collaboratori del volume (Bernardino Carpenè, Giuliano De Menech, Gaetano Lanaro, Monica Marcon, Francesco Mezzavilla, Sergio Tommasini, Michele Zanetti) e a Cino Boccazzi che aveva scritto la prefazione (e presenterà il volume a bordo) in quel giorno di primavera di venticinque anni fa c'erano sul SILIS gli invitati di Glauco e Leo Stefanato e i miei. Fra questi, i compagni di classe di mio figlio (prima A, scuola media Andrea Mantegna di Santa Maria del Sile) accompagnati dal prof. Giuseppe Allegro che mi fece poi recapitare una lettera di ringraziamento da parte di ciascun allievo.
Sapevo di aver conservato quelle lettere, perché l'iniziativa dell'insegnante mi era stata particolarmente gradita, ma sapevo anche che erano state sommerse dal molto materiale cartaceo accumulatosi nel corso degli anni nella libreria.
Le ho ritrovate oggi pomeriggio: troppo belle per non pubblicarle.  



1989 - Presentazione libro a bordo della Silis, F.lli Stefanato
TV - 5 - 5 - 89

Egregio Signor Pavan Camillo,
sono un alunno della classe 1.a A della "A. Mantegna" e anche amico di Libero.
Le scrivo questa mia lettera per ringraziarla di averci fatto visitare il Sile con il batello. per me è stata una bella esperienza, ho osservato cose che prima non avevo visto.
Sono stato colpito quando ho visto le barche ormai abbandonate, le ville e i pescatori che pescavano.
Termino queste mie poche righe per ringraziarla di nuovo.
Distinti saluti da
                                Alex



1989 - Presentazione libro a bordo della Silis, F.lli Stefanato
Treviso, 29-4-89

Egr. signor Pavan,
sono Antonella, una compagna di classe di suo figlio, e ho pensato di scriverle per ringraziarla della meravigliosa esperienza vissuta sul battello "Silis".
Quando suo figlio è venuto a scuola, con l'invito alla nostra classe per la presentazione del suo libro mi sono sentita molto felice, perché non avevo mai partecipato a una manifestazione simile e poi mi attirava il fatto che tutto ciò avvenisse a bordo di un battello sul fiume Sile
Quella mattina ero un po' emozionata e pensavo dato che a me piace molto scrivere, che deve essere molto bello concludere il proprio lavoro con un libro
Anche il cielo doveva aver capito l'importanza dell'avvenimento infatti fra tanti giorni di pioggia, quella mattina c'era il sole.
Le rive del Sile erano più verdi del solito e un gruppo di anatre con i loro piccoli sembrava incuriosito al passaggio di tutti noi raccolti da questo scrittore che aveva parlato del loro fiume
E' stata una giornata piena di simpatie e semplicità, infatti appena arrivata a casa ho detto a mia mamma: "Vorrei essere ancora sul battello, perché là ci si sentiva proprio bene".
La ringrazio ancora e spero che presto possa venire a farci una visita a scuola, per fornirci ancora notizie interessanti sul nostro fiume Sile
                                                                                                                                          Antonella




TV 3/5/89

Egregio Sig Pavan
Le scrivo queste poche righe perché sento il bisogno di ringraziarla per una giornata resa indimenticabile da lei. Una giornata di sole trascorsa in compagnia sua e della classe sul nostro fiume Sile, che lei ci ha reso familiare grazie alle sue ricerche e spiegazioni, apprese durante la gita.
Questa è stata una esperienza unica e non sarà facile ripeterla: io vorrei farle delle domande per approfondire questo argomento e sono lieto di invitarla in classe
Distinti saluti
                       I.a A
                                   Damiano



1989 - Presentazione libro a bordo della Silis dei fratelli Stefanato

Treviso 11 - 5 - 1989

Gentile Signor Pavan Camillo,
Le scrivo queste poche righe per ringraziarla della bellissima giornata trascorsa sul Sile in occasione della presentazione del suo nuovo libro.
La ringrazio ancora perché mi ha fatto vedere zone del fiume che non avevo mai visto e che non vengono ormai più curate dall'uomo.
Resterà sempre in me un bel ricordo la grande mangiata di paste molto buone e le tante lattine bevute di coca cola.
Tanti saluti da
                           Davide



1989 - Presentazione libro a bordo della Silis dei fratelli Stefanato
Treviso, 11,5, 1989

Egregio signor Camillo Pavan,
desidero prima di tutto ringraziarla per la esperienza passata sul battello "Silis" e anche per il lungo giro fatto sul Sile. 
Non ho mai fatto un giro a bordo di un battello su di un fiume, per me è infatti stata una esperienza nuova, che mi ha portato a vedere cose bellissime, e mi ha fatto imparare cose che prima non sapevo.
Durante il viaggio, ho potuto vedere anche grandi ville, costruite molto tempo fa. 
Il suo libro, penso che sarà utile a me e a molte persone, ma soprattutto a quelle persone amanti del Sile.
Credo che non dimenticherò mai questa mia esperienza: è stata emozionante e penso che mi sarà utile in futuro.
Distinti saluti
                       Elisa B.


1989, Presentazione libro a bordo di motonave Silis dei fratelli Stefanato
TV - 29 - 4 -1989

Gentile signor Camillo Pavan,
ho pensato di scrivere questa lettera per ringraziarla della splendida gita sul Sile del giorno 20 aprile.
E' stata una gita molto istruttiva, grazie alla quale ho potuto conoscere molte cose che prima non sapevo sul Sile, il più lungo fiume navigabile che nasce da risorgive, infatti non avrei mai pensato che questo corso d'acqua, che spesso vedo e ammiro, potesse nascondere così tanti segreti che lei ha svelato nel suo nuovo libro: "Sile: alla scoperta del fiume". Con questa la vorrei anche ringraziare per il libro che ha regalato alla mia classe. Non ho ancora avuto, però, l'occasione di sfogliarlo, ma quando lo farò lo leggerò molto volentieri e sono certa che mi piacerà moltissimo. Il barcone sul quale abbiamo navigato tutta la mattinata era bello e ben "addobbato". Oltre alla gita e al libro la vorrei ringraziare per il rinfresco e i pasticcini, che ognuno ha gradito.  
La ringrazio, ancora una volta, per ogni cosa che ha fatto per la mia classe e la prego di gradire i più sentiti saluti.
                     Elisa T.


Presentazione libro a bordo di motonave Silis dei fratelli Stefanato
Treviso, 2 maggio 1989

Gent.mo signor Camillo Pavan,
desidero ringraziarla per l'esperienza vissuta sul battello "Silis" in occasione della presentazione del suo libro: "Sile: alla scoperta del fiume".
E' stata una bellissima giornata durante la quale abbiamo potuto scoprire il nostro fiume: il Sile, nei suoi meravigliosi paesaggi, la sua fauna, la sua vegetazione, l'importanza per i commerci nei tempi passati, per la pesca, la sua storia e le attività che si praticano su di esso; una meraviglia che sta per scomparire a causa di un progresso selvaggio.  
Grazie al suo libro noi tutti possiamo capire che importanza ha questo nostro fiume e ci daremo da fare per salvarlo.
Ringrazio
                  Elisabetta


Presentazione libro a bordo di motonave Silis dei fratelli Stefanato

Treviso, 20.04.1989

Egr. Sig. CAMILLO PAVAN
S. Maria del Sile
T R E V I S O 

Egregio Sig. Camillo Pavan,
volevo ringraziarLa per la bellissima esperienza vissuta il 20 Aprile 1989.
Abbiamo fatto un bellissimo viaggio scoprendo cose nuove, come il cimitero dei barconi, la chiusa e molte altre cose. 
Grazie alla presentazione del libro "Sile: alla scoperta del fiume" e alla disponibilità dei F.lli Stefanato abbiamo appreso tutto ciò che succedeva lungo la riva del Sile. E' stata una magnifica giornata, anche grazie al tempo favorevole.
Voglio ringraziarLa per tutto ciò che ha organizzato per noi.
Cordiali saluti
                          Enrico


Presentazione libro a bordo di motonave Silis dei fratelli Stefanato
Treviso, 11 Maggio 1989

Gentile Signor Camillo Pavan
La vorrei ringraziare per la gita sul battello che abbiamo fatto il 20 aprile, in occasione della presentazione del suo libro: "Sile, alla scoperta del fiume".
Ringrazio anche i fratelli Stefanato, perché ci hanno guidato lungo il Sile e anche per il buon servizio del battello.
Il viaggio mi è piaciuto, perché è stato bello e divertente; mi sono piaciute le chiuse ed ho seguito le fasi nel passaggio da un livello all'altro del fiume. La vegetazione lungo il fiume era bella, perché c'erano fasce di pioppi e di altri alberi, poi c'erano molte anitre e gallinelle d'acqua, ho notato anche che lungo le rive c'erano molte ville venete con gli scalini che scendevano al fiume.
Questo viaggio per me non sarà dimenticato, perché ho visto il fiume più importante di Treviso.
Con questa lettera oltre che ringraziarla vorrei invitarla a scuola a parlare del suo libro e farci conoscere altri segreti e bellezze nascoste del Sile.
Distinti Saluti
                         Francesco






Treviso 11/5/89

Caro Papà
Vorrei ringraziarti per l'esperienza che ci hai fatto vivere il 20 Aprile.
La sera prima, io (e, penso come me tutta la classe) non riuscivo a dormire tanta era l'agitazione. Eppure, sembrerà strano, ma mi sono addormentato proprio quando ho pensato: "E se tutto va male?"
Alla mattina ero con la testa tra le nuvole, tanto che a scuola mi sono dimenticato di prendere la cartella e l'ho lasciata nell'atrio. 
Quando siamo partiti pensavo: "Chissà come sarà la nave!" In autobus avevo perso il contatto con il mondo intorno a me, pensando al Sile, questa meraviglia (un po' inquinata, ma lo stesso bella) immersa nel verde solcata da un battello, che non riuscivo ad immaginare.
Arrivato sul molo ogni dubbio svanì alla vista della "Silis": la motonave.
La crociera fu un'esperienza indimenticabile. Molte volte avevo percorso gli argini in bicicletta e mi sono sempre sembrati belli, ma non avrei mai immaginato che dall'acqua potessero essere meravigliosi.
Proprio per averci fatto vivere un'esperienza indimenticabile ti ringrazio (anche per i buoni pasticcini).
Ciao - ciao
                 Libero






Egregio sig. Pavan,

l'esperienza che ho vissuto, quel giorno, è stata molto positiva, perché ho conosciuto meglio il Sile, vedendolo proprio da vicino e anche perché ho conosciuto persone molto importanti.
Tutta la 1.a A, compresa io, siamo lieti d'invitarla qui nella nostra scuola: "A. Mantegna", per parlarci un po' del suo libro e anche per insegnarci le cose più importanti del fiume.
Io, e la mia classe, ringraziamo lei e i fratelli Stefanato, per averci dato la possibilità di partecipare alla sua giornata.
                                           Mara



Presentazione libro a bordo di motonave Silis dei fratelli Stefanato
TV-25-4-1989

Egregio Signor Camillo Pavan
la voglio ringraziare per l'ospitalità e le bellissima esperienza fatta giovedì  venti aprile a bordo del battello "Silis", in occasione della presentazione del suo nuovo libro: "Sile: alla scoperta del fiume".
Tutta la classe si è molto divertita ed anche i professori, che lei ha invitato tramite una lettera, che suo figlio ha consegnato. 
Le faccio le congratulazioni per il libro frutto di un lungo e faticoso lavoro
Distinti saluti
                        Marco F.




Presentazione libro a bordo di motonave Silis dei fratelli Stefanato
Treviso, 12/5/89

Egregio Signor Camillo Pavan,
La vorrei ringraziare per la splendida giornata passata sul battello "Silis" in occasione della presentazione del suo libro "Sile, alla scoperta del fiume".
Questa gita è stata molto istruttiva, perché ho visto molte cose nuove, per esempio le antiche ville venete.
Vorrei congratularmi con lei per il suo magnifico libro; io sono stato il primo a leggere qualche parte e lo trovo molto bello, istruttivo e preciso.
I più distinti saluti
                                  Marco M.




Treviso, 10/5/'89

Egregio sig. Pavan,
sono un compagno di classe di Libero, mi chiamo Massimo...
Vorrei ringraziarla per avermi fatto conoscere alcuni segreti del Sile quando ho partecipato, insieme ai miei compagni, alla presentazione del suo libro "Sile: alla scoperta del fiume".
Mi ha sorpreso il cimitero dei barconi perché non avevo mai avuto l'occasione di vedere quelle imbarcazioni sommerse dall'acqua e lasciate fuori alle intemperie. 
Mi ha incuriosito inoltre sapere dove abita Red Canziani, anche se il complesso dei Pooh, di cui fa parte, non è il mio gruppo preferito.
Io ho avuto modo di conoscerla come padre e ora anche come scrittore, ciò mi ha reso orgoglioso.
Il suo libro mi ha incuriosito e ne ho letto alcune brevi parti, che mi sono sembrate interessanti, perciò le auguro che il suo libro abbia un successone. 
Colgo l'occasione per invitarla in classe nostra quando sarà disponibile
Distinti saluti 
                          Massimo



Presentazione libro a bordo di motonave Silis dei fratelli Stefanato

Treviso, 4-5-1989

Egregio Signor Camillo Pavan,
La ringrazio infinitamente per il suo invito a partecipare alla presentazione del libro "Sile: alla scoperta del fiume" e per averlo donato alla classe.
Ho gradito la sua idea di trascorrere alcune ore in compagnia sul battello "Silis", che ci ha portato lungo il Sile, dove abbiamo apprezzato la bellezza del paesaggio.
Vogliamo che lei venga un giorno in classe, per parlarci del suo ultimo libro.
Sperando in una sua risposta positiva, le porgo distinti saluti
                                                                                                                Maurizio



La busta contenente le lettere degli allievi
della classe Prima A - Scuola media Andrea Mantegna
Santa Maria del Sile - Treviso.
A. s. 1988-89, prof. Giuseppe Allegro