Venerdì 23 gennaio 1987 è una giornata limpida. Un tiepido sole quasi primaverile riscalda l’aria, anche se sprazzi di neve colorano di bianco le rive del fiume ricordando che l’inverno è ancora in agguato. Per il barcaro Binbo Venessian la brutta stagione è ormai terminata. Dopo circa un mese e mezzo di inattività oggi finalmente ritorna a navigare con la sua comacina carica di settecento quintali di legname. Destinazione Venezia: il più classico dei percorsi di un barcone del Sile.
Presso la segheria-deposito di legname adiacente al porto di Silea, in mattinata Binbo ha completato le operazioni di stivaggio iniziate già la sera precedente. Duecento ottanta quintali di legno di pero sono stati sistemati per primi nel ventre della barca. Sopra di essi sono stati posti assi e grosse tavole di rovere di varia dimensione. Una cinquantina di pali di acacia lunghi dai dodici ai quindici metri coprono la catasta che s’innalza per oltre due metri sopra coperta, tenuta ferma da quattro robusti tronchi, pure di acacia, fissati saldamente a ciascuno dei due lati della stiva.
Aspettando il
turno di discesa (sul Sile si può navigare quattro ore in un verso e quattro
ore nell’altro, la Tino è ormeggiata alla banchina di Silea. E’ l’unica imbarcazione
presente nel molo, e i suoi vivaci colori si specchiano sull’acqua immobile del
fiume insieme con la gigantesca sagoma dei silos di cereali della ditta Pagnan.
Quando la
campana della chiesa di Silea suona mezzogiorno, come ad un segnale da lungo
atteso, Binbo mette in moto il Fiat 52 cv del suo barcone. Lentamente la Tino si stacca
dalla banchina ed inizia a navigare.
Dopo poche
decine di metri passa davanti alla vecchia osteria dei barcari “da Nèa”, dove un gruppetto di avventori e lo stesso proprietario Anselmo Nèa Caldato, si
affacciano per assistere al suo passaggio. Lo scambio di battute fra spettatori
e barcaro è rapido e pungente. Per un attimo sembra di essere tornati ai tempi
in cui più intensa ferveva la navigazione e nei pressi dei porti del fiume la
vita pulsava frenetica.
L’illusione
dura poco, il tempo di lasciarci alle spalle l’osteria. La Tino prosegue in
perfetta solitudine la sua corsa, lenta e maestosa, al centro del fiume, illuminata
dal sole. Dietro a lei, come un cagnolino al guinzaglio, il piccolo battello di
soccorso.
Binbo è nel suo ambiente. I suoi gesti sono decisi ma rilassati, e pur
con l’occhio sempre vigile a controllare la rotta, può ora permettersi di
pensare ad un rapido spuntino. Tira fuori da una borsa sotto la cabina di guida
due pezzi di pane e formaggio. Uno è per lui ed uno per il suo accompagnatore
Bruno Pin detto Bachin, un ex
fornaciaio di Lughignano. Consuma con calma, gustandolo appieno, il frugale
pranzo. Questa a xe
vita, commenta col volto che sprizza felicità.
In mezzo al
fiume, al comando della sua barca, Binbo si sente il vero re del Sile.
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