mercoledì 5 settembre 2012

Paola Fantin, 2005 - Recensione Sile, la piarda di Casier

Paola Fantin, La Vita del Popolo, 11.XII.2005

Lungo la via del fiume fra Treviso, Venezia e le isole della Laguna, per secoli, uomini e natura si sono incontrati per celebrare la vita e il mondo cui appartenevano. Nascosti tra le pieghe dell’acqua del Sile e tra i suoi ‘burci’ ormai dimenticati, cantano ancora i ricordi, vibrano i racconti e le poesie degli ultimi ‘barcari’ che lasciano alle nuove generazioni il loro vissuto. Ed è per questo che l’ultima fatica di Camillo Pavan, «Sile. La piarda di Casier», edito da Navigazione Stefanato e presentato qualche giorno fa proprio sul Sile, merita un posto di rilievo nella biblioteca di famiglia. E’ un’opera di valore pregevole, perché realizzata da uno storico con alle spalle una notevole produzione che contempla pubblicazioni come Drio el Sil (1985), Sile alla scoperta del fiume (1989), I paesi e la città in riva al Sile (1991) e molte altre ancora. Essa «si basa sulla storia orale – spiega lo storico Ivano Sartor -, oggi più che mai branca della storia fondamentale. Lo storico infatti deve mediare e verificare ciò che si dice. La memoria è traditrice, si raccoglie infatti a posteriori. Lo storico deve stanare chi racconta e capire il contesto storico di allora. Ci sarà sempre spazio per la storia orale. Essa serve a proteggere la memoria di ogni generazione, perché i libri restano sempre. Nel libro si parla della fine di un’epoca, quando vennero introdotte meccanizzazione e motorizzazione. Ma per fortuna ci sono le memorie dei barcari a rammentarci quello che è stato».» Il libro di Pavan principia con la storia di Casier che affonda le sue origini al periodo Paleoveneto, all’Età del Bronzo. Una realtà storica importante, se si considera che il Museo raccoglie una tipologia di spade note nell’ambiente archeologico nazionale proprio come «le spade di tipo Casier». Dal periodo paleoveneto si passa a quello Alto Medievale con il suo Monastero fino alle Ville Venete, ai due conflitti mondiali, alle frequentazioni dello scrittore Ernest Hemingway e alla più comune e semplice vita di piazza, con i suoi protagonisti intorno al porto. In quei tempi, brulica la vita vicino all’acqua, come testimonia lo stesso sottotitolo dell’opera: «Barcari, burci, draghe e squeri». Da Casier a Treviso ci sono importanti cantieri navali e un bel via vai di mezzi natanti che caricano e scaricano merci: dal Sile infatti si ricava la ghiaia per costruire e fare manutenzioni alle strade. Le draghe sulle barche escavano il materiale sul letto del fiume e lo portano a destinazione. Ma si trasporta anche la sabbia del deserto utilizzata per prodotti chimici, la colza, i girasoli, il grano e il frumento. Intorno al porto, la vita e l’attività artigianale sono vivaci e appassionanti, come ricorda nel suo racconto di vita sul Sile, Glauco, ultimo dei barcari dell’antica famiglia Stefanato: «Ma la scuola non era per me; no, non era per me la scuola. Io vedevo le barche passare, mio papà, mio fratello... Per un po’ mio padre si è rifiutato di tenermi con lui, ma poi vista la mia insistenza, mi ha ripetuto la stessa frase che a suo tempo gli aveva detto suo padre: varda che anca ti, se te vien lavorar qua, dopo, da a barca no te smònti più...» L’opera dello storico Camillo Pavan è corredata da 90 foto d’epoca, di cui molte inedite, raccolte anche grazie alla preziosa collaborazione di collezionisti come Renato Papparotto, Bruno Gandin e lo stesso Glauco Stefanato. Un vero patrimonio insomma, come lo ha definito il suo autore, destinato «alle generazioni future perché sappiano e ricordino. Così come anche Glauco, erede di una generazione di barcari, lascerà la sua passione al giovane nipote Nicolas, già innamorato dell’acqua e della sua vita».
(Articolo pubblicato anche  su  Tg0-positivo , il 23/11/2005)

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