Sono stati in molti che hanno preferito...
Sono stati in molti che hanno preferito sfuggire alla morte quasi sicura lanciati in assalti senza senso davanti al fuoco delle mitragliatrici nemiche, a scegliere la resa, specie una volta accerchiati dalle truppe austriache dopo Caporetto.
"Viva l'Austria, viva la Germania", non tanto per tradire la Patria, quanto per la disperazione dopo anni di trincea e dopo aver visto tanti sacrifici vanificati con l'avanzare delle truppe austrotedesche che avevano sfondato il fronte orientale. Una storia poco nota, fra le molte della Prima guerra mondiale, con un destino spesso tragico per molti soldati italiani caduti in prigionia.
L'Italia se ne dimenticò, colpevolmente, non facendo giungere aiuti umanitari tramite la Croce rossa, quando il generale Cadorna, per giustificare se stesso, con la copertura politica dell'inettitudine di parte degli alti comandi, ebbe l'interesse a sostenere la tesi del "tradimento". Tanti italiani caduti in prigionia vennero lasciati in balia di se stessi nei campi di concentramento o di lavoro disseminati in gran parte del Centro Europa, in Stati che erano già allo stremo e non avevano pane neppure per i propri soldati.
Furono le malattie e la fame, nonchè i postumi delle ferite, poco e mal curate, a compiere quella decimazione alla quale, con la resa, tanti soldati credevano di essere sfuggiti. Diversa la sorte degli ufficiali, ai quali veniva garantito un "percorso" diverso, e condizioni un po' più tollerabili in quell'anno di prigionia prima della Vittoria.
Di queste vicende, delle motivazioni che spinsero o costrinsero alcuni alla resa, delle peregrinazioni dietro le linee, della vita nei campi di prigionia nel 1917/18 si occupa con una serie di testimonianze il volume "I prigionieri italiani dopo Caporetto" di Camillo Pavan , secondo libro di una trilogia che riguarda la Grande guerra e la popolazione civile, che sarà presentato il 3 novembre alle 21 nella biblioteca comunale di Guarda Veneta.
La scelta non è casuale in quanto l'ampia parte documentaria è stata curata da Alberto Burato, proprio di Guarda Veneta, che, con una ricerca durata sette anni, è riuscito a fare un quadro completo e, finora inedito, dei campi di prigionia in cui soggiornarono e spesso morirono prigionieri italiani. Dotato di cartina risulta un prezioso vademecum, strumento o traccia per ulteriori ricerche. Grazie a questo prezioso lavoro è già stato possibile rintracciare e onorare adeguatamente vittime della guerra che erano rimaste sconosciute. E sarà anche possibile dare il via a nuove ricerche per chiarire ancor più un quadro finora poco noto.
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