giovedì 21 giugno 2012

Alessandro Comin - recensione "I prigionieri italiani dopo Caporetto", 2001

I prigionieri italiani nella grande guerra, dopo  Caporetto - Prima guerra mondiale, prigionieri italiani
Chi non morì sul posto ... 

Chi non morì sul posto, chi piegò in ritirata dopo quella battaglia fu ingiustamente additato al disprezzo di una nazione e trattato da disertore. Ma anche chi cadde nelle mani del nemico e venne avviato ai campi di prigionia ebbe una sorte miserevole, bollata nella salute - spesso fino alle più tragiche conseguenze - oltre che nella reputazione da "imboscato d'Oltralpe". La vergogna di Caporetto non è stata la rotta, ma il destino di migliaia di soldati abbandonati a se stessi. Lo ribadisce Camillo Pavan , scrittore-editore trevigiano che ha appena mandato in libreria "I prigionieri italiani dopo Caporetto", volume idealmente raccordato al già fortunato "Grande guerra e popolazione civile". Vita, tristezze e morte da prigioniero degli Imperi centrali sono ricostruiti da Pavan con la consueta mescolanza di capacità. Il rigore dello studioso. Il puntiglio della ricerca sulle fonti dirette, ampiamente consultate e citate fino a riportare sotto diversa luce alcuni passi del famoso diario di Giuseppe Giuriati già trattato da Giovanni Comisso. La capacità narrativa che tiene legato l'insieme come un romanzo avvincente. La sensibilità per la documentazione iconografica che arricchisce le pagine. E l'accuratezza del lavoro che si conclude con l'elenco e la carta dei campi di prigionia, frutto dell'impegno di Alberto Burato. Furono trecentomila i prigionieri italiani avviati ai campi di concentramento austroungarici e tedeschi. Arrivarono stremati da una lunga marcia, rimasero malnutriti perchè si voleva tenerli deboli e perchè gli Imperi erano al collasso. Ne morì il dieci per cento. Pavan segue passo passo l'interminabile cammino, l'umiliante arrivo, lo straziante barcamenarsi. Le pagine sulla divisione di una pagnotta immangiabile o sulla putrida zuppa distribuita nel Natale 1917 colpiscono più delle sciagure di guerra. Così il rammarico espresso dall'autore per le difficoltà economiche che gli hanno impedito di articolare un lavoro assai più ampio e approfondito diventa alla fine anche quello del lettore. Ma questo volume contiene già tutti gli orrori nati dall'uomo contro l'uomo.
Alessandro Comin
Il Gazzettino, Edizione di Treviso, 28 luglio 2001

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